E' la scrittura collaborativa online il rimedio per cambiare il processo editoriale accademico? I blog e i wiki sovvertiranno il modo in cui le università pubblicano e distribuiscono i loro lavori?
In questo interessante articolo, Janelle Ward cerca di mettere in evidenza quelli che sono i pregi e i difetti del modello di pubblicazione universitaria attuale ed al tempo stesso suggerisce un nuovo approccio all'editoria accademica, capace di sfruttare la potenza del web.
E' difficile ottenere dati certi su quanti tra studiosi e ricercatori universitari siano blogger attivi. Dati approssimativi parlano dei blogger universitari come una miscela di ricercatori all'inizio della loro carriera , insegnanti sia di alto che medio livello, docenti - che forse hanno molto da dire e poco da perdere.
Nel 2007 Gina Walejko, della Northwestern University di Chicago, ha effettuato un sondaggio online sui blogger universitari americani. Nel campione da lei scelto, estratto dalla "blogroll" (una lista di collegamenti ad altri blog) del sito Crooked Timber, ed escludendo i blog degli studenti laureati, Walejko ha riscontrato che:
Quando ha chiesto loro la ragione che li ha spinti ad aprire un blog:
Chiaramente, gli accademici hanno potuto constatare come i benefici del blogging vadano oltre i riconoscimenti universitari tradizionali; sia ricevendo feedback alle proprie proposte di ricerca, sia creando network di studiosi, con idee simili, in tutto il mondo.
Le discussioni del blogging universitario spesso vanno oltre la ricerca stessa per soffermarsi su contrasti all'interno delle università. Questo livello personale di scrittura può favorire la nascita di community di supporto.
The Chronicle of Higher Education, una rivista ed un sito web per professori americani, ha selezionato una serie di blog universitari, descrivendoli come "luogo di discussioni occasionali sulla vita accademica, la carriera e il mercato del lavoro".
Altri studiosi universitari considerano i contributi online come parte integrante del loro lavoro, indipendentemente dal fatto che i datori di lavoro incoraggino o meno la loro attività. Torill Mortensen del Volda College, in Norvegia, descrive quelli che sono i contenuti del suo blog "studi multimediali, teorie di lettura-risposta, giochi di ruolo, cultura su Internet, viaggi, discussioni occasionali sulle stranezze del mondo universitario".
Mortensen fornisce i link ai suoi articoli online e incoraggia i suoi colleghi al dialogo. In un post recente ha osservato che
"Una delle responsabilità di un professore o di un ricercatore universitario, in quanto dipendente pubblico, è quello di partecipare al dibattito pubblico. Si, dovrebbe esserci un modo per registrare l'attività di blogging in modo tale da darci dei punti in base al conteggio delle nostre pubblicazioni, e sono certa che questo getterebbe la frenesia più totale nel blogging norvegese. No, io non voglio un aumento se sono pagata per questo. Ma si, sono disposta a farlo, perché fa parte del mio lavoro".
Gli sforzi fatti per il blogging universitario non sono al momento ricompensati, almeno non ufficialmente. Le attività di professori e ricercatori universitari sono pagate e promosse in base alla qualità delle loro pubblicazioni ed in base al forte impatto che hanno su riviste di esperti del medesimo settore in cui rientrano i loro articoli.
Per molti blog individuali avviene esattamente il contrario. Tuttavia ci sono chiari segnali che indicano quanto la pubblicazione online aumenti la qualità della ricerca e ciò può risultare dalla nascita di network dedicati ai professori.
Per esempio, Julia Davies dell' Universita di Sheffield, in Inghilterra, e Guy Merchant evidenziano altri aspetti positivi del blogging accademico. Loro credono che, consentendo agli altri di contribuire alla gestione dei contenuti e partecipare allo scambio di link all'interno del blog, sia possibile rafforzare lo spirito di squadra interno alla community.
"Attraverso i blogroll, i blogger possono crearsi degli interessi, un'identità ed anche allearsi tra loro; attraverso i blogroll, si possono stabilire quelle che sono le caratteristiche di un blog"
Visto che è così, il blogging deve far ben sperare. Non solo potrebbe cambiare le informazioni dateci dalle università, ma potrebbe anche aiutare a migliorare la qualità del processo di ricerca rendendolo accessibile a un numero molto più ampio di lettori.
Sino ad ora tuttavia non vi è alcuna prova concreta sull'impatto che i blog stanno avendo sul mondo universitario. D'altronde ci sono anche poche informazioni su chi commenta e legge i blog e su quali siano le condizioni per arrivare al successo, ammesso che esse siano definibili.
E' difficile trovare statistiche. Sebbene molti studiosi abbiano cercato di analizzare campioni nelle varie discipline universitarie, non c'è stato nessuno studio mondiale o nazionale che abbia affrontato in maniera soddisfacente la questione. Allo stesso tempo, la pratica del blogging si è guadagnata molta attenzione e sono in molti a credere che porterà notevoli miglioramenti nel mondo universitario.
Ma il blogging non è l'unico strumento di scrittura che può potenzialmente cambiare la prassi universitaria. Un'alternativa è rappresentata dalla scrittura collaborativa che qualche università sta già utilizzando per cercare un modo nuovo di cooperazione online.